Boccioni riflette lungamente su Previati, coinvolgendo Severini come dalla testimonianza di una lettera dell’autunno del 1907, fino all’incontro con il maestro avvenuto nel 1908, primo di un rapporto intenso testimoniato nel Diario dello stesso anno e che troverà l’apice nel lungo scritto che il pittore futurista dedicherà a Previati, apparso il 26 marzo 1916 nella Rivista “Gli Avvenimenti”. Boccioni collabora alla rivista con articoli di critica e cronaca artistica da gennaio a giugno 1916. Nel numero 14 appare questo articolo dal titolo “Le esposizioni collettive di Gaetano Previati e Carlo Fornara – L’arte di Gaetano
Previati”. Frutto dei contatti diretti avuti con l’ormai anziano maestro, si avverte dalle parole di Boccioni la necessità di reinquadrare criticamente il lavoro di Previati sia rispetto alla propria esperienza creativa, sia al difficile momento storico. Significative sono infatti le righe di chiusura nelle quali si legge: «Se Gaetano Previati fosse già entrato come
valore plastico, non poetico, notiamo bene, nella comprensione di molti (critici, pubblico, artisti) si potrebbe, lasciandolo nella sua gloria indiscussa, considerare il valore della sua opera in rapporto alla modernissima produzione dei giovani pittori italiani d’oggi. Oggi, di fronte all’idealismo plastico verso il quale è febbrilmente tesa tutta la forza artistica della nostra gioventù, Previati si erge come maestro del passato. La sua opera è l’ultima espressione plastica ed eroica del Rinascimento. Un sogno che svanisce nella luce della modernità».
I futuristi Luigi Russolo, Carlo Carrà, Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e Gino Severini a Parigi, 1912. Fonte: Archivio Lista.
È questo un nodo importante per comprendere l’influenza esercitata dal pittore ferrarese sulla ricerca boccioniana che, attraverso l’assunzione in forza espressiva della linea e del colore, giunge a significativi esiti che preludono al Futurismo. È anche accertato che, una volta avviatasi tale esperienza, le due strade divergono. Gli aspetti non formali nei quali Previati richiudeva le proprie narrazioni, apprezzati come rivoluzionari dalle giovani generazioni, non rappresentavano più la modernità avanguardistica. A questa sapranno dar voce le ben note vicende del sogno futurista, che ci richiama, per Ferrara, alla figura di Aroldo Bonzagni (Cento 1887-Milano 1918), o a quella del primo Roberto Melli (Ferrara 1885-Roma 1958).
Nella storia del movimento non è stata mai tralasciata l’adesione della prima ora al Futurismo da parte del giovane centese, che firma con Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Romani la prima redazione del Manifesto dei pittori futuristi apparso poi l’11 febbraio 1910. Più controverso è stato, per lungo tempo, cioè fin quando appropriati studi storiografici non hanno provveduto a ricostruirne la figura, il suo abbandono quasi repentino del Futurismo. La sua firma e quella di Romolo Romani non appaiono più, sostituite da quella di Balla, nel Manifesto Tecnico della pittura futurista pubblicato l’11 aprile 1910. Ciò nonostante, dopo la partecipazione alla serata dell’8 marzo presso il Politeama Chiarella di Torino dedicata alla declamazione del manifesto, la mostra con Boccioni, Carrà e Russolo inauguratasi il 19 marzo alla Famiglia Artistica di Milano, ritroviamo il suo nome sul manifesto che annunciava la storica serata al Teatro Mercadante di Napoli il 20 aprile.
Le ragioni intervenute a determinare quella presa di distanza sono controverse e hanno avuto nel tempo più interpretazioni, tra le quali vale ricordare, come accreditata, una testimonianza apparsa sul giornale “La Perseveranza” di Milano il 6 aprile 1915 a firma di Dino Bonari:
Il futurismo lo tenne finché non volle definirsi anch’esso una serie di formule, che per essere formule astratte, nella traduzione pratica non erano meno pesanti di quelle accademiche. Ed egli fu né accademico né futurista, vibrante di colore nei suoi quadri, osservatore acuto e umorista elegante nelle caricature, frequentatore di tutti gli ambienti – dai più eleganti ai più viceversa – come per tener desti sempre i centri della propria sensibilità, e per poter poi descrivere, sulle tele e sui cartoni, la vita vera, quella contemporanea; e percorrerla un po’ nella sensibilità.
È una nota che sembra in qualche modo lasciar trasparire la voce stessa di Bonzagni, quasi a stabilire la propria natura di spirito libero, insofferente a qualsivoglia inquadramento.
Fonte: http://annali.unife.it/lettere/article/viewFile/290/243
Annali Online di Ferrara – Lettere Vol. 1 (2012) 222/240 – A. P. Fiorillo
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