Umberto Boccioni: Tutte le mie speranze debbono svanire così?

Martedì, 28 luglio 1908

Ormai posso dire di non iscrivere più nulla. Quante cose in questo mese! Quanti peccati!
Che anima violenta e irreligiosa ho mostrato a me stesso! I quadri inviati al concorso.
Indifferenza generale! Qualche rarissima lode, fredda e forse dettata dalla convenienza.
I giornali indifferenti o ne parlano come d’una perfetta nullità! Lo merito?
Io non discuto i lavori, ma nessuno s’è accorto delle intenzioni.
Quasi tutti han giudicato con un senso pittorico vecchio o convenzionale.
Nessuno s’è accorto se guardando i miei quadri vi si vede una nota diversa dagli altri personale come intonazione e come visione. Non han visto nulla. M’hanno dato del freddo, del monotono, dello stentato e dire che dei meglio quotati, quasi tutti, io ne vedo tutto il trucco, tutta la convenzionalità, l’assoluta mancanza di ricerca.
Ma mi sbaglierò? sono veramente stentato e debole?
Ho letto oggi di un letterato Ginevrino morto sconosciuto o quasi, Federico Amiel, questo giudizio di G. B. Marchesi. “La sua sempre vigile analisi interiore gli impedì, uccidendo la sua spontaneità, di affermarsi nelle arti d’immaginazione, e si rassegnò con nobiltà alla sua impotenza d’espressione!”
Devo rassegnarmi anch’io? È orribile eppure temo sia così di me. Non per nulla Previati mi diceva: “Si abbandoni, si abbandoni.”
Federico Amiel scriveva nel 1870 di se stesso: “Rassegnati all’inevitabile, fa come il grillo la tua preghiera della sera. Spegniti senza rumore quando il Padrone della vita soffierà sulla tua impercettibile fiamma. Ogni zolla è composta di miriadi di vite sconosciute. Gli infusori non si avvertono se non sono dei milioni di miliardi. Non ribellarti contro il tuo nulla.”
È questo il mio destino?
È possibile ch’io debba soccombere io che mi martello tutto il giorno per fare che la mia vita la mia arte si prostrino sincere alla Natura e che quelli ch’io vedo giocondi ben vestiti felici (almeno mi sembra) debbono vincere? Tutte le mie speranze debbono svanire così?
E cosa farò nella Vita?

fonte: Umberto Boccioni, Taccuini Futuristi

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